Per capire la complessità ed il ruolo del Notaio in materia di usi civici, occorre in primis cristallizzare cosa sono ed a cosa ci si riferisce quando si parla di questi ultimi.
L’uso civico è un diritto reale di godimento su un bene altrui, ma anche un diritto reale su bene proprio: mentre nel sistema di diritto privato la compresenza della titolarità del diritto di proprietà e del diritto parziale (ad esempio usufrutto) su uno stesso bene comporta l’estinzione dell’usufrutto, per i diritti reali ante napoleonici, che sono perdurati tutt'ora, la imprescrivibilità del diritto fa sì che coesistano sullo stesso bene il diritto di proprietà collettivo e il diritto di uso civico a favore della stessa collettività.
Ad intevenire "in soccorso" di quanto sopra, sono i "negozi" della legittimazione e dell'affrancazione.
LA LEGITTIMAZIONE E L'AFFRANCAZIONE
Il provvedimento di legittimazione conferisce al destinatario la titolarità di un diritto soggettivo perfetto, di natura reale, e cioè il diritto di proprietà come noi lo conosciamo, costituendone titolo legittimo perla trascrizione a suo favore.
L’affrancazione è invece il procedimento, del tutto distinto dalla legittimazione, con la quale il soggetto proprietario (magari diventato proprietario a seguito della legittimazione) viene affrancato dall’obbligo del diritto reale di uso civico.
Come è noto il Notaio è il professionista predisposto competente per la stipula degli atti notarili di legittimazione e affrancazione.
IL RUOLO DEL NOTAIO
Grave è invece la problematica notarile in merito ai trasferimenti di beni di proprietà di universalità collettive assoggettati ad uso civico o semplicemente di terreni di diritto privato vincolati al diritto reale di uso civico.
Il problema è serio perché i diritti sono perpetui, perenni, imprescrittibili, non soggetti ad usucapione.
Quando il notaio compie le sue ordinarie visure che gli spettano per legge in catasto e nei pubblici registri a ciò deputati può infatti non trovare alcuna traccia dell’uso civico, perché di esso si è persa la memoria, e magari i danti causa hanno una trascrizione a loro favore regolarissima, perché quando acquistarono il terreno più di venti anni fa già allora non ci si ricordava della proprietà collettiva o dell’uso civico.
Nel diritto privato la situazione è totalmente tranquilla perché qualsiasi difetto nella trasmissione della proprietà antecedente ai venti anni non sortisce alcun risultato negativo, e la continuità delle trascrizioni del ventennio è assicurata. Così non è per gli usi civici e quindi teoricamente il notaio dovrebbe compiere delle ricerche, per ogni rateo di terreno, molto indietro nel tempo per cercare di riverificare se vi sono tracce dell’esistenza dell’uso civico.
Ovviamente vi sono dei casi semplici in cui dall’esame dei pubblici registri si scopre qualche elemento, magari secondario, che faccia sospettare l’esistenza di usi civici. In questo caso il notaio non può stipulare, perché il rischio è altissimo, essendo gli atti notarili di trasferimento di un terreno gravato da uso civico nulli. Compirà il notaio altre ricerche, o semplicemente inviterà le parti a fornire chiarimenti e documentazione. Insormontabile è invece l’ostacolo per tutti quei terreni (la quasi totalità) in cui non vi è alcuna traccia nelle carte dell’uso civico.
Certo ci sono archivi nelle regioni, sentenze dei commissari agli usi civici, circolari del commissario di carattere amministrativo, annotazioni da parte dei comuni, e persino il registro già previsto dall’art. 5 del Regio Decreto 332/1928 (cioè il regolamento di attuazione della legge 1766/27) in cui bisognava annotare entro il 3 aprile 1928 tutti gli usi civici della regione, pena la decadenza dell’uso civico. Magari fosse stato così, perché il registro è incompleto, e la giurisprudenza ha ritenuto che l’eventuale decadenza si possa applicare solo ai diritti di uso civico sulle terre private, ma non su quelle pubbliche!
Il Notaio quindi potrebbe garantire la inesistenza di rischi connessi all’acquisto solo attraverso indagini complesse, effettuate su elenchi e registri tenuti in posti diversi, a cui si può accedere solo con specifiche autorizzazioni, e pure di difficile lettura. Opera che poi ,comunque, anche se potesse essere utile per rilevare l’esistenza di qualche uso civico non garantisce l’inesistenza del diritto, ma consente solo l’acquisizione di ulteriori elementi di indagine!
L’affermata e assoluta impossibilità, che, anche attraverso ricerche su mappe, documenti e registri diversi, di conoscere con certezza se un terreno sia da considerare pubblico e in quanto tale gravato da uso civico, ossia un terreno privato gravato da uso civico (ancorché per quest’ultimo potrebbe applicarsi la decadenza di cui al regolamento di attuazione del 1928) fa si che non si possa pretendere dal notaio una diligenza diversa da quella che ordinariamente si richiede.
La responsabilità del notaio sussiste se viene meno ai compiti ordinariamente attribuitigli dalla legge, od anche, ma in misura minore, qualora da dette ricerche siano emersi elementi di sospetto che non ha approfondito e comunicato alle parti. Certamente il notaio non potrà essere chiamato responsabile per i rischi nei confronti dell’acquirente che acquista in buona fede un terreno pubblico o un terreno gravato da uso civico semplicemente per l’impossibilità professionale di fornire questa garanzia e questa certezza all’acquirente.
La Trascrizione
Si è scritto moltissimo sulla trascrizione, come è ovvio. Per quanto riguarda la legittimazione direi che vi è uniformità di opinioni sulla circostanza che essa è un trasferimento di proprietà privata. Con la legittimazione cessa la qualificazione demaniale del bene, e il diritto acquistato è un diritto di proprietà, ancorché magari rimanga ancora compresso dall’esistenza dell’uso civico.
Molti problemi ha dato invece la trascrivibilità del diritto di uso civico. Il diritto non esiste nel nostro ordinamento giuridico, e quindi neanche nelle leggi che regolano la trascrizione! Molti hanno suggerito di renderlo un connotato della proprietà, trascrivendo cioè non la piena proprietà a favore dell’acquirente per effetto della legittimazione bensì una “proprietà gravata da uso civico”, soluzione che non riteniamo confacente perché comporta una doppia forzatura: la scomparsa della trascrizione autonoma dell’uso civico e la invenzione di una proprietà che non trova riscontro nel nostro ordinamento.
Io ritengo che bisogna applicare per analogia la normativa sull’enfiteusi. Il diritto dell’enfiteuta esiste nel nostro ordinamento e il diritto di uso civico, dovendolo per forza adattare ad uno schema inviolabile, può trovare la sua accoglienza solo come diritto dell’enfiteuta che, risultando però a favore della collettività, permetta successivamente il riscontro che quel diritto non è un enfiteusi privatistica, ma un uso civico pubblicistico. Peraltro già così si fa per tanti altri diritti scomparsi, come il livello, il diritto del miglioratario, la colonia perpetua, la partecipanza agraria.
Ipotesi de iure condendo
Vi sarà chiaro dalla mia esposizione che ritengo che gli usi civici vadano aboliti, che questa confusione che ormai dura da mille anni vada spazzata via. In un momento in cui il legislatore si affanna a ricercare semplificazioni, magari complicando delle cose già semplici, giusto per far vedere la sua solerzia è gravissimo che non compia una semplificazione così elementare che può essere risolta da una legge di pochi articoli.
E tutto ciò, ovviamente senza ledere nessuno, e lasciano inalterati i diritti di tutti e le finalità pubbliche esistenti, che però saranno esercitate molto più semplicemente e concretamente assicurando certezza del diritto ai consociati attraverso gli ordinari strumenti della proprietà e delle servitù rimediando finalmente all’omissione di Napoleone Bonaparte che all’epoca, per motivi storici e politici, si concentrò solo sull’eversione della feudalità.
(Fonte - Notaio Massimo d’Ambrosio)
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